Università
della
Svizzera
italiana
Academy
of Architecture
Laboratorio
di Storia
delle Alpi

 
 

Servizi di prossimità, reti di distribuzione e infrastrutture nelle aree montane

29.04.2022

 

Negli ultimi anni, e con maggiore intensità dal 2020 in concomitanza con l’esplosione della crisi pandemica, si sono registrati fenomeni di mobilità dalla città verso la montagna. Sempre più, abitanti delle aree urbane hanno scelto di trasferirsi in località in quota, spesso marginali, talvolta spopolate, per sfuggire alle città – percepite come malsane e pericolose – e rilanciare attività tradizionali o, sulla scia del “nomadismo digitale”, per approfittare delle opportunità offerte dal telelavoro in una quotidianità più vicina alla natura.

Tale fenomeno ha suggerito la possibilità di invertire la secolare tendenza al decremento demografico di molte regioni di montagna sollevando, di conseguenza, un quesito di base: quali attività e quali servizi locali sono necessari per consolidare la nuova residenzialità montana ed evitare che nel giro di pochi mesi o anni si assista a un nuovo travaso di abitanti verso la città?

Molteplici sono le risposte: da quelle incentrate sull’implementazione di politiche e strategie territoriali ispirate alla sostenibilità sociale e ambientale al modello “metromontano” e a quelle che trovano spunto nelle collective actions legate ai “nuovi beni comuni” che mirano a individuare modalità di uso delle risorse e di organizzazione delle attività in virtù del loro ruolo di “costruttori di comunità” e della loro vocazione alla sostenibilità e all’innovazione sociale.

L’attuale scenario demografico non è certamente nuovo nella storia delle aree montane. D’altronde, nel passato esse hanno visto il succedersi di fasi di crescita e di fasi di decrescita demografica, che però non hanno sempre coinciso direttamente a dinamiche di concentrazione o di dispersione insediativa. Ciò suggerisce la necessità di interrogarsi sull’evoluzione del rapporto tra le dinamiche demografiche e insediative e la dotazione nelle regioni montane di infrastrutture e di servizi locali. In quale misura nel passato tali servizi erano correlati ad economie di agglomerazione? E parallelamente, in quale misura è possibile identificare nelle maglie insediative rurali tendenze riferibili al modello di Zipf, secondo il quale le due forze di organizzazione spaziale – ovvero la concentrazione e la dispersione – agiscono in modo da produrre una distribuzione regolare della popolazione in funzione del rango delle città?

Attraverso questi interrogativi, il ciclo di giornate di studio promossi dal LabiSAlp intende analizzare in una prospettiva storica il ruolo dei servizi locali – oggi definiti come servizi di prossimità [1] – quali vettori di modelli territoriali in grado di ridurre i divari economici e insediativi. In tale prospettiva, il ciclo di incontri si articola attorno a tre temi principali ognuno dei quali verrà affrontato nella sua dimensione storica e attraverso una tavola rotonda che riunisce attori coinvolti a vario titolo nelle azioni di governance territoriale e nelle politiche riguardanti le regioni di montagna.

Nel corso dei tre incontri si vuole evidenziare anche la funzione sociale dell’oggetto indagato e non solo l’attività in sé. Appaiono particolarmente interessanti tutti quei casi nei quali i richiedenti un servizio coincidono con gli attori della sua fornitura, come accadeva nel passato per moltissimi servizi di manutenzione delle infrastrutture o come accade oggi nel caso della auto-organizzazione di servizi di baby-sitting tra famiglie, degli orti condivisi o delle comunità energetiche (Energy communities).

[1] Per servizi di prossimità intendiamo i servizi formalizzati o non formalizzati, che si rivolgono e vengono forniti a una scala locale, per rispondere a esigenze di natura “primaria” producendo, inoltre, effetti significativi e positivi sul tessuto sociale.

 

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